Il percorso di Faraday sull'induzione elettromagnetica
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Fisica
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Classi: 5° anno
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Strumentazione di base
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Percorso didattico
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2 h
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Min. 3 persone
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Nessuna
Riassunto / Abstract
Viene ricostruito il cammino sperimentale e concettuale che nella prima metà dell’Ottocento, a partire dall’esperimento di Oersted, portò Arago a mettere a punto un’esperienza che accese un vivo dibattito tra Ampère e Faraday e che solo le intuizioni e gli esperimenti di quest’ultimo riuscirono a risolvere pervenendo alla descrizione del fenomeno dell’induzione elettromagnetica.
Scheda sintetica delle attività
- Esperienza di Arago.
- Il dibattito tra Ampère e Faraday.
- Una prima interpretazione delle correnti indotte: l’anello di Faraday.
- Linee di forza tagliate: il circuito magnetico.
- Movimento relativo di magnete e conduttore.
- Disco in rotazione in un magnete.
- Interpretazione definitiva dell’esperienza di Arago.
Risorse necessarie
- Macchina per produzione di moti rotatori (si può usare un vecchio giradischi);
- dischi di diametro almeno 20 cm: rame, alluminio, polistirolo (o plexiglas);
- sottile filo di nylon;
- supporto di sostegno per la calamita (meglio se di materiale isolante);
- 4 nuclei rettilinei in lamierino di ferro ;
- 2 avvolgimenti in filo di rame verniciato (bobine) provvisti di morsetti per contatto elettrico;
- 2 sbarrette magnetiche lunghe circa 15 cm;
- cilindretto di ferro dolce lungo circa 10 cm;
- base per fissare il cilindro con l’avvolgimento e una sbarretta magnetica;
- ruota di Barlow (disco di metallo con contatto elettrico nel centro) con espansioni polari che generino un campo magnetico sufficientemente intenso;
- manovella da applicare all’asse della ruota di Barlow;
- contatto strisciante sulla base della ruota di Barlow (lamella di rame collegata a morsetto elettrico);
- alimentatore di corrente continua (max 10 A) provvisto di interruttore;
- galvanometro a zero centrale (può essere sostituito con un galvanometro digitale anche se meno storico!) ;
- fili per collegamento elettrico.
Prerequisiti necessari
Competenze teoriche:
- conoscere le caratteristiche di un circuito in corrente continua;
- conoscere le caratteristiche del campo magnetico generato da un magnete permanente;
- conoscere l’esperimento di Oersted;
- conoscere le caratteristiche del campo magnetico generato da corrente rettilinea, da un solenoide, da un elettromagnete:
- conoscere il concetto di forza elettromotrice;
- conoscere il significato della forza di Lorentz e saperla applicare;
Competenze pratiche:
- sapere collegare i componenti di un circuito in corrente continua e misurare le grandezze che lo caratterizzano.
Obiettivi di apprendimento
- Percorrere un cammino di “reinvenzione guidata” delle leggi fisiche a partire dagli interrogativi che gli stessi scienziati si sono posti e dal percorso sperimentale che hanno condotto;
- conoscere la fenomenologia e l’interpretazione del fenomeno dell’induzione elettromagnetica;
- sapere ricostruire un esperimento storico di elettromagnetismo con “materiale povero” e/o strumentazione di base.
Dotazioni di sicurezza
- Potrebbe essere necessario, per brevi intervalli di tempo, lavorare con correnti continue fino a 10 A: vanno pertanto usati alimentatori con sistemi di sicurezza;
- occorre poi fare attenzione agli avvolgimenti delle bobine ed ai contatti mobili che potrebbero surriscaldarsi.
Svolgimento
Premessa
Anno 1820. L'esperimento di Oersted mette in evidenza per la prima volta l'azione di una corrente su un magnete. Ha così inizio una serie di ricerche scientifiche che metteranno in luce sempre di più l'unitarietà tra i fenomeni magnetici e quelli elettrici.
Anno 1822. Arago, entusiasmato dall’esperimento di Oersted, svolge alcune esperienze con aghi magnetici in presenza di corpi conduttori, in particolare pone un disco di rame in rotazione sotto un ago magnetico sospeso: l’ago magnetico viene trascinato “a distanza” dal moto del disco di rame.
Anni 1822 – 1830. Si susseguono una serie di esperimenti che si collegano a quello di Arago, ma non ci sono interpretazioni convincenti di tale esperienza poiché l’azione sull’ago magnetico è attribuita solo alle proprietà magnetiche dei materiali che interagiscono: l’ago è considerato solo “rivelatore” del magnetismo piuttosto che “causa” dei fenomeni che si manifestano in sua presenza. Risulta invece particolarmente interessante il dibattito tra Ampère e Faraday che, concentrato negli anni 1821-1822, vede i due scienziati su posizioni molto diverse e lascia Faraday insoddisfatto tanto che per quasi dieci anni si dedica ad altri studi.
Anni 1822 – 1830. Si susseguono una serie di esperimenti che si collegano a quello di Arago, ma non ci sono interpretazioni convincenti di tale esperienza poiché l’azione sull’ago magnetico è attribuita solo alle proprietà magnetiche dei materiali che interagiscono: l’ago è considerato solo “rivelatore” del magnetismo piuttosto che “causa” dei fenomeni che si manifestano in sua presenza. Risulta invece particolarmente interessante il dibattito tra Ampère e Faraday che, concentrato negli anni 1821-1822, vede i due scienziati su posizioni molto diverse e lascia Faraday insoddisfatto tanto che per quasi dieci anni si dedica ad altri studi.
Anno 1831. Faraday formula una nuova interpretazione del fenomeno costruendo “l’esperienza dell’anello”, che conferma in pieno le sue ipotesi. Incoraggiato dal successo, in pochi giorni costruisce e svolge una serie di esperimenti che riescono ad esplicitare chiaramente le sue intuizioni e lo portano all’interpretazione completa del fenomeno dell’induzione elettromagnetica spiegando in modo esauriente anche l’esperienza di Arago.
ESPERIENZA DI ARAGO
Introduzione
Arago, scienziato francese (1786 –1853) che fino al 1820 si era occupato di ottica, venuto a conoscenza dell’esperimento di Oersted, fu tra i primi a ripeterlo e si appassionò ai fenomeni elettrici e magnetici. Questo interesse lo portò, nel 1822, a osservare che un ago magnetico, posto in oscillazione, riacquistava più rapidamente la sua posizione di riposo se era in presenza di un altro corpo. Poiché il numero delle oscillazioni dell’ago nell’unità di tempo dipendeva dalla sostanza presa in esame, Arago pensò che il fenomeno potesse essere sfruttato per classificare le varie sostanze sulla base della loro capacità di esercitare un’azione di tipo magnetico. L’ipotesi più importante nata da questi esperimenti, gravida di conseguenze anche teoriche, fu: se un piatto conduttore aveva il potere di diminuire l’ampiezza delle oscillazioni di un ago magnetico, un piatto rotante avrebbe dovuto trascinare un ago sospeso sopra di esso. Arago modificò l’esperimento e trovò l’effetto previsto: facendo ruotare un piatto conduttore sotto un ago magnetico sospeso e mobile, il piatto in moto trascinava con sé l’ago. Ciò non accadeva se il piatto messo in rotazione era isolante.
Arago, scienziato francese (1786 –1853) che fino al 1820 si era occupato di ottica, venuto a conoscenza dell’esperimento di Oersted, fu tra i primi a ripeterlo e si appassionò ai fenomeni elettrici e magnetici. Questo interesse lo portò, nel 1822, a osservare che un ago magnetico, posto in oscillazione, riacquistava più rapidamente la sua posizione di riposo se era in presenza di un altro corpo. Poiché il numero delle oscillazioni dell’ago nell’unità di tempo dipendeva dalla sostanza presa in esame, Arago pensò che il fenomeno potesse essere sfruttato per classificare le varie sostanze sulla base della loro capacità di esercitare un’azione di tipo magnetico. L’ipotesi più importante nata da questi esperimenti, gravida di conseguenze anche teoriche, fu: se un piatto conduttore aveva il potere di diminuire l’ampiezza delle oscillazioni di un ago magnetico, un piatto rotante avrebbe dovuto trascinare un ago sospeso sopra di esso. Arago modificò l’esperimento e trovò l’effetto previsto: facendo ruotare un piatto conduttore sotto un ago magnetico sospeso e mobile, il piatto in moto trascinava con sé l’ago. Ciò non accadeva se il piatto messo in rotazione era isolante.
Ricostruzione dell’esperienza originaria
L’esperienza di Arago ricostruita è riportata in figura 1 e 2.
Richiede una base di legno di circa 5 cm di spessore e due dischi, sempre di legno e dello stesso spessore, montati su perni metallici. Il disco più piccolo è dotato di manico per metterlo in rotazione e tale rotazione è trasmessa, attraverso una cinghia di gomma, al disco più grande. Il supporto per il magnete , di altezza circa 30 cm, è formato da tre asticelle di legno; al centro dell’asta orizzontale è montato un gancio. A tale gancio è fissato un sottile filo di nylon che sostiene la sbarretta magnetica (di dimensioni circa 1 cm x 0.5 cm x 10 cm) disposta orizzontale alla distanza dal piatto di 2 cm circa. Nel centro del disco di legno è fissato un perno sporgente, sempre in legno, per fissare i dischi di altro materiale che si appoggiano su di esso (proprio come in un giradischi). Un disco di rame, uno di alluminio ed uno di polistirolo, con un piccolo foro al centro per fissarli al disco di legno, hanno diametro di circa 25 cm e spessore di circa 0.5 cm (il disco di rame ha spessore 2 mm data la difficoltà a reperire rame di spessore maggiore). È da notare che, all’infuori dei dischi di metallo, il magnete si trova in presenza di solo materiale isolante.
L’esperienza di Arago ricostruita è riportata in figura 1 e 2.
Richiede una base di legno di circa 5 cm di spessore e due dischi, sempre di legno e dello stesso spessore, montati su perni metallici. Il disco più piccolo è dotato di manico per metterlo in rotazione e tale rotazione è trasmessa, attraverso una cinghia di gomma, al disco più grande. Il supporto per il magnete , di altezza circa 30 cm, è formato da tre asticelle di legno; al centro dell’asta orizzontale è montato un gancio. A tale gancio è fissato un sottile filo di nylon che sostiene la sbarretta magnetica (di dimensioni circa 1 cm x 0.5 cm x 10 cm) disposta orizzontale alla distanza dal piatto di 2 cm circa. Nel centro del disco di legno è fissato un perno sporgente, sempre in legno, per fissare i dischi di altro materiale che si appoggiano su di esso (proprio come in un giradischi). Un disco di rame, uno di alluminio ed uno di polistirolo, con un piccolo foro al centro per fissarli al disco di legno, hanno diametro di circa 25 cm e spessore di circa 0.5 cm (il disco di rame ha spessore 2 mm data la difficoltà a reperire rame di spessore maggiore). È da notare che, all’infuori dei dischi di metallo, il magnete si trova in presenza di solo materiale isolante.
Possibile uso del materiale di laboratorio
L’esperienza di Arago si può facilmente ripetere in laboratorio montando un disco di rame o anche di alluminio (deve essere materiale buon conduttore elettrico) su una macchina per produzione di moti rotatori.
Materiale occorrente
• Macchina per produzione di moti rotatori (anche un vecchio giradischi)
• Dischi di diametro almeno 20 cm: rame, alluminio, polistirolo (o plexiglas)
• Sottile filo di nylon
• Sbarretta magnetica di dimensioni circa 1 cm x 0.5 cm x 10 cm
• Supporto di sostegno per la calamita (meglio se di materiale isolante)
L’esperienza di Arago si può facilmente ripetere in laboratorio montando un disco di rame o anche di alluminio (deve essere materiale buon conduttore elettrico) su una macchina per produzione di moti rotatori.
Materiale occorrente
• Macchina per produzione di moti rotatori (anche un vecchio giradischi)
• Dischi di diametro almeno 20 cm: rame, alluminio, polistirolo (o plexiglas)
• Sottile filo di nylon
• Sbarretta magnetica di dimensioni circa 1 cm x 0.5 cm x 10 cm
• Supporto di sostegno per la calamita (meglio se di materiale isolante)
Esecuzione
- Si sospende la sbarretta magnetica al sostegno con il filo di nylon in modo che il suo baricentro sia esattamente sopra il centro di rotazione del piatto ed essa sia perfettamente orizzontale.
- Si inserisce sulla macchina per rotazioni il disco di rame: con il disco fermo non succede nulla, se il disco è messo in rotazione il magnete viene trascinato dal moto del disco fino a ruotare con la stessa velocità. La stessa cosa succede se si sostituisce il disco di rame con quello di alluminio.
- Si inserisce poi il disco di polistirolo (o comunque di materiale isolante) e lo si mette in rotazione: il magnete resta perfettamente inerte anche quando il disco gira.
Occorre fare attenzione al filo di sospensione che, quando i dischi sono fermi, non deve essere attorcigliato su sé stesso poiché provocherebbe rotazioni della calamita che sono dovute soltanto all’elasticità di rotazione del filo stesso.
- Si sospende la sbarretta magnetica al sostegno con il filo di nylon in modo che il suo baricentro sia esattamente sopra il centro di rotazione del piatto ed essa sia perfettamente orizzontale.
- Si inserisce sulla macchina per rotazioni il disco di rame: con il disco fermo non succede nulla, se il disco è messo in rotazione il magnete viene trascinato dal moto del disco fino a ruotare con la stessa velocità. La stessa cosa succede se si sostituisce il disco di rame con quello di alluminio.
- Si inserisce poi il disco di polistirolo (o comunque di materiale isolante) e lo si mette in rotazione: il magnete resta perfettamente inerte anche quando il disco gira.
Occorre fare attenzione al filo di sospensione che, quando i dischi sono fermi, non deve essere attorcigliato su sé stesso poiché provocherebbe rotazioni della calamita che sono dovute soltanto all’elasticità di rotazione del filo stesso.
IL DIBATTITO TRA AMPERE E FARADAY
Tra il 1822 ed il 1830 l’esperimento di Arago venne ripetuto e fu al centro del dibattito tra diversi scienziati che si occupavano di ricerche sugli effetti elettrici e magnetici nei corpi in movimento. All’interno di questo dibattito è particolarmente interessante considerare le posizioni di Faraday ed Ampère davanti alle novità rilevate dall’esperienza di Arago. Ampère, scienziato francese, era matematico di prim’ordine, acceso sostenitore di Newton e della teoria molecolare della materia. Egli interpretò il magnetismo come effetto dell’interazione di correnti elementari legate alla struttura molecolare dei magneti. Inoltre, seguendo l’interpretazione coulombiana dell’interazione fra cariche elettriche, tentò di ridurre tutte la azioni fra magneti e correnti a quelle di forze centrali.
Sia Ampère che Faraday fecero una lunga serie di esperimenti in materia e arrivarono a concordare che l’azione di attrazione e repulsione fosse dovuta alla composizione di forze circolari che agiscono tra magneti o tra correnti.
Faraday rappresentò queste forze circolari con “linee di forza magnetiche o elettriche”. Ma, a differenza di Ampère, Faraday sottolineava che il magnetismo prodotto dalla corrente che passa in un solenoide non è identico a quello generato da una sbarretta magnetica; quindi il magnetismo non poteva essere solamente il risultato di correnti elettriche. Inoltre le correnti in un magnete non venivano rilevate come invece avviene per la corrente in un filo conduttore. Tutto ciò lasciava Faraday perplesso tanto che affermava: “Finché la presenza di correnti elettriche può essere provata nel magnete solo attraverso effetti magnetici, io rimango in dubbio sulla teoria di Ampère”.
Infine, l’interpretazione dell’esperimento di Arago secondo la teoria amperiana risultava insoddisfacente. Non si riusciva infatti a spiegare perché il fenomeno si manifestasse solo quando il magnete e il disco fossero in moto relativo: ragionando in termini amperiani, le correnti elettriche che circondano il disco di rame dovrebbero essere influenzate dalle correnti che circondano il magnete senza l’intervento del moto relativo: ma così non accade!
Ampère, in forza della completa formalizzazione matematica della sua teoria, sosteneva che, se un esperimento non riusciva a penetrare negli ultimi recessi della materia, andava accantonato l’esperimento e non abbandonata la teoria.
Sia Ampère che Faraday fecero una lunga serie di esperimenti in materia e arrivarono a concordare che l’azione di attrazione e repulsione fosse dovuta alla composizione di forze circolari che agiscono tra magneti o tra correnti.
Faraday rappresentò queste forze circolari con “linee di forza magnetiche o elettriche”. Ma, a differenza di Ampère, Faraday sottolineava che il magnetismo prodotto dalla corrente che passa in un solenoide non è identico a quello generato da una sbarretta magnetica; quindi il magnetismo non poteva essere solamente il risultato di correnti elettriche. Inoltre le correnti in un magnete non venivano rilevate come invece avviene per la corrente in un filo conduttore. Tutto ciò lasciava Faraday perplesso tanto che affermava: “Finché la presenza di correnti elettriche può essere provata nel magnete solo attraverso effetti magnetici, io rimango in dubbio sulla teoria di Ampère”.
Infine, l’interpretazione dell’esperimento di Arago secondo la teoria amperiana risultava insoddisfacente. Non si riusciva infatti a spiegare perché il fenomeno si manifestasse solo quando il magnete e il disco fossero in moto relativo: ragionando in termini amperiani, le correnti elettriche che circondano il disco di rame dovrebbero essere influenzate dalle correnti che circondano il magnete senza l’intervento del moto relativo: ma così non accade!
Ampère, in forza della completa formalizzazione matematica della sua teoria, sosteneva che, se un esperimento non riusciva a penetrare negli ultimi recessi della materia, andava accantonato l’esperimento e non abbandonata la teoria.
UNA PRIMA INTERPRETAZIONE DELLE CORRENTI INDOTTE: L’ANELLO DI FARADAY
Faraday (che nel frattempo si occupò di elettrochimica) riprese i suoi studi sull’elettromagnetismo solo alcuni anni dopo l’esperimento realizzato da Arago, e la sua incapacità a produrre risultati che egli riteneva si potessero legittimamente dedurre dalla teoria di Ampère, lo confermò a considerarla con scetticismo. L’unica cosa di cui era convinto era che “l’elettromagnetismo è il risultato peculiare delle particelle del conduttore e non unicamente l’azione di due fluidi elettrici uno sull’altro”. Un’altra ipotesi per interpretare gli esperimenti eseguiti fino ad allora poteva essere la presenza di forze interne alla materia, ma bisognava trovare un meccanismo di trasmissione delle forze senza spostamento di materia.
Gli studi compiuti in altri campi della fisica gli diedero la chiave per la risoluzione del problema: Thomas Young (1773 – 1829) nel 1801 e Augustin Jean Fresnel (1788 – 1827) nel 1820 avevano suggerito che la luce fosse costituita da onde che si muovevano senza trasporto di materia. Consapevole dell’unità delle forze della natura, Faraday ipotizzò che anche l’elettricità fosse un fenomeno ondulatorio: l’onda elettrica era trasmessa dalle particelle di materia e le disponeva in qualche forma opportuna. Si trattava ora di rilevarla.
Egli tenne in conto i risultati sperimentali ottenuti da altri scienziati intorno al 1830: le polarità di un elettromagnete potevano variare immediatamente invertendo semplicemente il senso della corrente. Tali esperimenti suggerirono a Faraday che le ipotetiche “onde di forza” e la risultante disposizione delle particelle potevano verificarsi istantaneamente. Inoltre, dal momento che un elettromagnete sviluppava una straordinaria potenza, era ipotizzabile che con un apparato sperimentale di quel tipo sarebbe stato possibile individuare l’onda elettrica, poiché sarebbe stata accompagnata da intense manifestazioni di magnetismo. Quindi progettò ed eseguì il famoso esperimento dell’anello.
Gli studi compiuti in altri campi della fisica gli diedero la chiave per la risoluzione del problema: Thomas Young (1773 – 1829) nel 1801 e Augustin Jean Fresnel (1788 – 1827) nel 1820 avevano suggerito che la luce fosse costituita da onde che si muovevano senza trasporto di materia. Consapevole dell’unità delle forze della natura, Faraday ipotizzò che anche l’elettricità fosse un fenomeno ondulatorio: l’onda elettrica era trasmessa dalle particelle di materia e le disponeva in qualche forma opportuna. Si trattava ora di rilevarla.
Egli tenne in conto i risultati sperimentali ottenuti da altri scienziati intorno al 1830: le polarità di un elettromagnete potevano variare immediatamente invertendo semplicemente il senso della corrente. Tali esperimenti suggerirono a Faraday che le ipotetiche “onde di forza” e la risultante disposizione delle particelle potevano verificarsi istantaneamente. Inoltre, dal momento che un elettromagnete sviluppava una straordinaria potenza, era ipotizzabile che con un apparato sperimentale di quel tipo sarebbe stato possibile individuare l’onda elettrica, poiché sarebbe stata accompagnata da intense manifestazioni di magnetismo. Quindi progettò ed eseguì il famoso esperimento dell’anello.
Ricostruzione dell’esperienza originaria
L’anello di Faraday ricostruito è illustrato nelle figure 3 e 4.
Un anello di ferro del diametro di circa 15 cm è formato da una barra di sezione 1 cm x 0.5 cm e fissato nelle scanalature di un’asticciola di legno avvitata su una basetta sempre in legno. Su parti dell’anello diametralmente opposte ci sono due avvolgimenti di filo di rame verniciato (una quarantina di spire da ogni parte): le estremità di un avvolgimento sono collegate ad un generatore di corrente continua (portata massima 10 A) munito di interruttore, mentre le estremità dell’altro avvolgimento sono collegate ad un amperometro a zero centrale.
L’anello di Faraday ricostruito è illustrato nelle figure 3 e 4.
Un anello di ferro del diametro di circa 15 cm è formato da una barra di sezione 1 cm x 0.5 cm e fissato nelle scanalature di un’asticciola di legno avvitata su una basetta sempre in legno. Su parti dell’anello diametralmente opposte ci sono due avvolgimenti di filo di rame verniciato (una quarantina di spire da ogni parte): le estremità di un avvolgimento sono collegate ad un generatore di corrente continua (portata massima 10 A) munito di interruttore, mentre le estremità dell’altro avvolgimento sono collegate ad un amperometro a zero centrale.
Possibile uso del materiale di laboratorio
L’anello di ferro può essere sostituito da un catena chiusa di nuclei rettilinei in lamierino e gli avvolgimenti in filo di rame verniciato sono già precostituiti per le dimostrazioni didattiche sui fenomeni induttivi.
L’anello di ferro può essere sostituito da un catena chiusa di nuclei rettilinei in lamierino e gli avvolgimenti in filo di rame verniciato sono già precostituiti per le dimostrazioni didattiche sui fenomeni induttivi.
Materiale occorrente
• 4 nuclei rettilinei in lamierino di ferro
• 2 avvolgimenti in filo verniciato provvisti di morsetti per contatto elettrico
• alimentatore di corrente continua (max 10 A) provvisto di interruttore
• amperometro a zero centrale
• 4 nuclei rettilinei in lamierino di ferro
• 2 avvolgimenti in filo verniciato provvisti di morsetti per contatto elettrico
• alimentatore di corrente continua (max 10 A) provvisto di interruttore
• amperometro a zero centrale
Esecuzione
- Agendo sull’interruttore si chiude il circuito dell’avvolgimento primario (quello collegato all’alimentatore): nel breve intervallo di tempo della chiusura si nota che l’indice dell’amperometro a zero centrale collegato all’avvolgimento secondario si sposta rapidamente dalla sua posizione di riposo, per ritornarvi quasi istantaneamente, indicando valori negativi di corrente elettrica (dell’ordine di grandezza di qualche ampere, a seconda del numero di spire degli avvolgimenti).
- Mentre nel circuito primario sta passando corrente continua, non si ha alcuna corrente elettrica nel secondario.
- Agendo sull’interruttore si apre il circuito dell’avvolgimento primario: nel breve intervallo di tempo dell’apertura, l’indice dell’amperometro collegato all’avvolgimento secondario si sposta dalla posizione di riposo per tornarvi quasi istantaneamente, indicando valori positivi di corrente elettrica.
- A corrente nulla nel primario corrisponde corrente nulla nel secondario.
- Se si agisce sull’interruttore del primario aprendo e chiudendo il circuito con continuità, l’ago dell’amperometro oscilla continuamente intorno allo zero.
- Agendo sull’interruttore si chiude il circuito dell’avvolgimento primario (quello collegato all’alimentatore): nel breve intervallo di tempo della chiusura si nota che l’indice dell’amperometro a zero centrale collegato all’avvolgimento secondario si sposta rapidamente dalla sua posizione di riposo, per ritornarvi quasi istantaneamente, indicando valori negativi di corrente elettrica (dell’ordine di grandezza di qualche ampere, a seconda del numero di spire degli avvolgimenti).
- Mentre nel circuito primario sta passando corrente continua, non si ha alcuna corrente elettrica nel secondario.
- Agendo sull’interruttore si apre il circuito dell’avvolgimento primario: nel breve intervallo di tempo dell’apertura, l’indice dell’amperometro collegato all’avvolgimento secondario si sposta dalla posizione di riposo per tornarvi quasi istantaneamente, indicando valori positivi di corrente elettrica.
- A corrente nulla nel primario corrisponde corrente nulla nel secondario.
- Se si agisce sull’interruttore del primario aprendo e chiudendo il circuito con continuità, l’ago dell’amperometro oscilla continuamente intorno allo zero.
Conclusioni e sviluppi dell’esperienza
Secondo l’ipotesi di Faraday, durante la chiusura del primario la variazione di corrente nel circuito collegato alla batteria, da valore zero al suo valore di regime, crea una specie di “stato” particolare nell’anello di ferro, stato che egli denomina “elettrotonico”: “esso si oppone alla formazione di una corrente elettrica mentre se il filo è in condizioni normali (cioè non avvolto intorno all’anello di ferro) una tale corrente si formerebbe normalmente.[…]”. In pratica, in questo caso nel secondario si forma una corrente che tende ad opporsi alla variazione di corrente che l’ha generata. La stessa cosa succede se, nella fase di apertura del circuito, la corrente nel primario passa dal valore di regime a zero: lo stato elettrotonico “collassa” e questo genera nel secondario una corrente che tende a mantenere la corrente di regime. “… l’effetto è dovuto ad un’onda di elettricità causata dall’apertura e dalla chiusura dei contatti nel primo avvolgimento” (dall’articolo di Faraday del 1831).
Da questo esperimento, che confermava le sue aspettative, arrivarono a cascata, in pochi giorni, tutta una serie di esperimenti che portarono Faraday a dare una risposta esauriente ai molti interrogativi posti dall’esperimento di Arago.
Secondo l’ipotesi di Faraday, durante la chiusura del primario la variazione di corrente nel circuito collegato alla batteria, da valore zero al suo valore di regime, crea una specie di “stato” particolare nell’anello di ferro, stato che egli denomina “elettrotonico”: “esso si oppone alla formazione di una corrente elettrica mentre se il filo è in condizioni normali (cioè non avvolto intorno all’anello di ferro) una tale corrente si formerebbe normalmente.[…]”. In pratica, in questo caso nel secondario si forma una corrente che tende ad opporsi alla variazione di corrente che l’ha generata. La stessa cosa succede se, nella fase di apertura del circuito, la corrente nel primario passa dal valore di regime a zero: lo stato elettrotonico “collassa” e questo genera nel secondario una corrente che tende a mantenere la corrente di regime. “… l’effetto è dovuto ad un’onda di elettricità causata dall’apertura e dalla chiusura dei contatti nel primo avvolgimento” (dall’articolo di Faraday del 1831).
Da questo esperimento, che confermava le sue aspettative, arrivarono a cascata, in pochi giorni, tutta una serie di esperimenti che portarono Faraday a dare una risposta esauriente ai molti interrogativi posti dall’esperimento di Arago.
LINEE DI FORZA TAGLIATE: IL CIRCUITO MAGNETICO
Nel settembre del 1831, Faraday eseguiva un altro esperimento molto importante per comprendere l’iter interpretativo dell’induzione elettromagnetica, che si può denominare “il circuito magnetico”.
Ricostruzione dell’esperienza originaria
L’esperienza ricostruita del circuito magnetico è illustrata nelle figure 5 e 6.
Un solenoide multiplo, costituito da tre diversi avvolgimenti di filo di rame verniciato, è avvolto intorno ad un cilindretto di ferro dolce di diametro circa 1 cm e lunghezza 10 cm. Ogni avvolgimento è collegato autonomamente ai terminali di un galvanometro a zero centrale. A contatto con le estremità del cilindro di ferro sono poste due sbarrette magnetiche, lunghe circa 15 cm, con poli opposti in modo da formare un unico magnete che si richiude sul cilindretto stesso. Il cilindretto di ferro ed una delle sbarrette magnetiche sono fissati alla base di legno, mentre l’altra sbarretta magnetica è mobile.
L’esperienza ricostruita del circuito magnetico è illustrata nelle figure 5 e 6.
Un solenoide multiplo, costituito da tre diversi avvolgimenti di filo di rame verniciato, è avvolto intorno ad un cilindretto di ferro dolce di diametro circa 1 cm e lunghezza 10 cm. Ogni avvolgimento è collegato autonomamente ai terminali di un galvanometro a zero centrale. A contatto con le estremità del cilindro di ferro sono poste due sbarrette magnetiche, lunghe circa 15 cm, con poli opposti in modo da formare un unico magnete che si richiude sul cilindretto stesso. Il cilindretto di ferro ed una delle sbarrette magnetiche sono fissati alla base di legno, mentre l’altra sbarretta magnetica è mobile.
Possibile uso del materiale di laboratorio
Il cilindretto di ferro e le due sbarrette magnetiche sono essenziali, ma facilmente reperibili in un laboratorio di fisica; in alternativa, il cilindretto può essere acquistato da un ferramenta; ci può essere un solo avvolgimento di filo verniciato già predisposto e provvisto di morsetti per collegamento elettrico, ma è importante avere una base per tenere fissi il cilindretto ed una sbarretta magnetica lasciando mobile solo l’altra.
Il cilindretto di ferro e le due sbarrette magnetiche sono essenziali, ma facilmente reperibili in un laboratorio di fisica; in alternativa, il cilindretto può essere acquistato da un ferramenta; ci può essere un solo avvolgimento di filo verniciato già predisposto e provvisto di morsetti per collegamento elettrico, ma è importante avere una base per tenere fissi il cilindretto ed una sbarretta magnetica lasciando mobile solo l’altra.
Materiale occorrente
• Cilindretto di ferro dolce lungo circa 10 cm;
• avvolgimento di filo di rame verniciato provvisto di morsetti per collegamento elettrico;
• 2 sbarrette magnetiche lunghe circa 15 cm;
• base per fissare il cilindro con l’avvolgimento e una sbarretta magnetica;
• galvanometro a zero centrale (può essere sostituito con un galvanometro digitale, anche se meno storico!) e fili di collegamento.
• Cilindretto di ferro dolce lungo circa 10 cm;
• avvolgimento di filo di rame verniciato provvisto di morsetti per collegamento elettrico;
• 2 sbarrette magnetiche lunghe circa 15 cm;
• base per fissare il cilindro con l’avvolgimento e una sbarretta magnetica;
• galvanometro a zero centrale (può essere sostituito con un galvanometro digitale, anche se meno storico!) e fili di collegamento.
Esecuzione
- Si inizia l’esperienza a circuito magnetico chiuso: le due sbarrette magnetiche ed il cilindretto con l’avvolgimento hanno i loro estremi a contatto, l’indice del galvanometro è sullo zero.
- Si stacca l’estremo della sbarretta magnetica mobile dall’estremità del cilindretto, aprendo così il circuito magnetico (si può parimenti agire nel contatto tra i due magneti): l’ago del galvanometro viene deflesso e torna quasi istantaneamente alla posizione di zero.
- Mantenendo aperto il circuito magnetico il galvanometro non segna passaggio di corrente elettrica nell’avvolgimento.
- Si rimette l’estremo della sbarretta magnetica a contatto con l’estremità del cilindretto, chiudendo così il circuito magnetico: l’ago del galvanometro si deflette dalla parte opposta rispetto all'azione precedente.
Invertendo le polarità delle sbarrette magnetiche a contatto con il cilindretto e ripetendo l’esperimento, si verifica l’inversione della deflessione dell’ago. Infine, quanto più velocemente si agisce sull’apertura e la chiusura del contatto tra i magneti, tanto maggiore è l’intensità massima di corrente che passa nell’avvolgimento.
- Si inizia l’esperienza a circuito magnetico chiuso: le due sbarrette magnetiche ed il cilindretto con l’avvolgimento hanno i loro estremi a contatto, l’indice del galvanometro è sullo zero.
- Si stacca l’estremo della sbarretta magnetica mobile dall’estremità del cilindretto, aprendo così il circuito magnetico (si può parimenti agire nel contatto tra i due magneti): l’ago del galvanometro viene deflesso e torna quasi istantaneamente alla posizione di zero.
- Mantenendo aperto il circuito magnetico il galvanometro non segna passaggio di corrente elettrica nell’avvolgimento.
- Si rimette l’estremo della sbarretta magnetica a contatto con l’estremità del cilindretto, chiudendo così il circuito magnetico: l’ago del galvanometro si deflette dalla parte opposta rispetto all'azione precedente.
Invertendo le polarità delle sbarrette magnetiche a contatto con il cilindretto e ripetendo l’esperimento, si verifica l’inversione della deflessione dell’ago. Infine, quanto più velocemente si agisce sull’apertura e la chiusura del contatto tra i magneti, tanto maggiore è l’intensità massima di corrente che passa nell’avvolgimento.
Conclusioni
L’interpretazione immediata di questo esperimento è quella di linee di forza chiuse che, generate dalle sbarrette magnetiche, passano nel cilindro di ferro e attraversano le spire dell’avvolgimento ritornando alle sbarrette magnetiche: da qui il nome di “circuito magnetico”. Quando le linee di forza vengono “tagliate”, cioè si interrompe il circuito magnetico, si genera una corrente nell’avvolgimento: questa è una conversione di magnetismo in elettricità.
L’interpretazione immediata di questo esperimento è quella di linee di forza chiuse che, generate dalle sbarrette magnetiche, passano nel cilindro di ferro e attraversano le spire dell’avvolgimento ritornando alle sbarrette magnetiche: da qui il nome di “circuito magnetico”. Quando le linee di forza vengono “tagliate”, cioè si interrompe il circuito magnetico, si genera una corrente nell’avvolgimento: questa è una conversione di magnetismo in elettricità.
MOVIMENTO RELATIVO TRA MAGNETE E CONDUTTORE
L’esperimento successivo, eseguito a pochi giorni di distanza dall’ultimo descritto, consistette nel convertire ancora magnetismo in elettricità semplicemente inserendo o estraendo un magnete in un cilindro di cartone sul quale era avvolto a elica un filo rigido di ottone.
Ricostruzione dell’esperienza originaria
L’esperienza ricostruita è illustrata nelle figure 7 e 8.
Un filo di rame verniciato (Faraday usò l’ottone), di sezione sufficientemente grande per formare un’elica rigida, è stato avvolto intorno ad un cilindro di cartone di sezione 3 cm circa e di lunghezza 15 cm circa. Il filo di rame è stato poi fissato, ogni 4 spire, alla base di legno, praticando in essa due piccoli fori e facendo passare uno spago per fissare la singola spira: in tale modo l’elica resta legata alla base di legno e con le spire verticali. Alle estremità del filo dell’avvolgimento sono fissati due morsetti per il collegamento elettrico al galvanometro. Un magnete cilindrico lungo circa 15 cm, tenuto in mano, viene inserito ed estratto dall’avvolgimento.
L’esperienza ricostruita è illustrata nelle figure 7 e 8.
Un filo di rame verniciato (Faraday usò l’ottone), di sezione sufficientemente grande per formare un’elica rigida, è stato avvolto intorno ad un cilindro di cartone di sezione 3 cm circa e di lunghezza 15 cm circa. Il filo di rame è stato poi fissato, ogni 4 spire, alla base di legno, praticando in essa due piccoli fori e facendo passare uno spago per fissare la singola spira: in tale modo l’elica resta legata alla base di legno e con le spire verticali. Alle estremità del filo dell’avvolgimento sono fissati due morsetti per il collegamento elettrico al galvanometro. Un magnete cilindrico lungo circa 15 cm, tenuto in mano, viene inserito ed estratto dall’avvolgimento.
Possibile uso del materiale di laboratorio
Occorre solo un avvolgimento di filo verniciato già predisposto su un cilindro di plastica cavo, con morsetti per collegamento elettrico ed una sbarretta magnetica.
Occorre solo un avvolgimento di filo verniciato già predisposto su un cilindro di plastica cavo, con morsetti per collegamento elettrico ed una sbarretta magnetica.
Materiale occorrente
• Bobina di filo di rame verniciato montata su supporto cavo e con morsetti per collegamento elettrico
• Galvanometro a zero centrale (o anche digitale) con cavetti per collegamento elettrico
• Sbarretta magnetica lunga circa 15 cm.
• Bobina di filo di rame verniciato montata su supporto cavo e con morsetti per collegamento elettrico
• Galvanometro a zero centrale (o anche digitale) con cavetti per collegamento elettrico
• Sbarretta magnetica lunga circa 15 cm.
Esecuzione
- Quando la sbarretta magnetica è ferma rispetto alla bobina il galvanometro non registra passaggio di corrente elettrica.
- Si inserisce velocemente la sbarretta magnetica nella bobina e l’ago del galvanometro si deflette per tornare quasi istantaneamente sullo zero.
- Quando la sbarretta magnetica inserita nella bobina è ferma rispetto ad essa, il galvanometro non registra passaggio di corrente.
- Si toglie velocemente la sbarretta magnetica dalla bobina e l’ago del galvanometro torna a deflettersi, ma in verso opposto rispetto all'azione precedente.
Anche in questa esperienza, come in quella precedente, l’intensità massima della corrente ottenuta aumenta all’aumentare della velocità di movimento del magnete rispetto alla bobina.
- Quando la sbarretta magnetica è ferma rispetto alla bobina il galvanometro non registra passaggio di corrente elettrica.
- Si inserisce velocemente la sbarretta magnetica nella bobina e l’ago del galvanometro si deflette per tornare quasi istantaneamente sullo zero.
- Quando la sbarretta magnetica inserita nella bobina è ferma rispetto ad essa, il galvanometro non registra passaggio di corrente.
- Si toglie velocemente la sbarretta magnetica dalla bobina e l’ago del galvanometro torna a deflettersi, ma in verso opposto rispetto all'azione precedente.
Anche in questa esperienza, come in quella precedente, l’intensità massima della corrente ottenuta aumenta all’aumentare della velocità di movimento del magnete rispetto alla bobina.
Conclusioni
Faraday commentò l’esperimento affermando che quando veniva inserito o estratto il magnete dal solenoide si produceva “un’onda di elettricità” (la stessa citata nell’interpretazione dell’esperienza dell’anello) e questa era dovuta al solo movimento del magnete rispetto al solenoide: in questo esperimento non era stata usata alcuna pila voltaica!
Ciò che stupisce, infatti, più che nelle altre esperienze, è che basta la presenza del magnete, del conduttore e il loro movimento relativo per generare una corrente elettrica. È su questo principio che in seguito si baserà la costruzione delle macchine dinamo-elettriche. L’evoluzione dei moderni generatori elettrici dal semplice apparato usato da Faraday è una storia lunga, ma concettualmente la successione è diretta.
Faraday commentò l’esperimento affermando che quando veniva inserito o estratto il magnete dal solenoide si produceva “un’onda di elettricità” (la stessa citata nell’interpretazione dell’esperienza dell’anello) e questa era dovuta al solo movimento del magnete rispetto al solenoide: in questo esperimento non era stata usata alcuna pila voltaica!
Ciò che stupisce, infatti, più che nelle altre esperienze, è che basta la presenza del magnete, del conduttore e il loro movimento relativo per generare una corrente elettrica. È su questo principio che in seguito si baserà la costruzione delle macchine dinamo-elettriche. L’evoluzione dei moderni generatori elettrici dal semplice apparato usato da Faraday è una storia lunga, ma concettualmente la successione è diretta.
DISCO IN ROTAZIONE IN UN MAGNETE
Faraday riprese l’esperimento di Arago, modificandolo con l’obiettivo di ottenere con continuità elettricità dal magnetismo: mise in rotazione un disco di rame tra le espansioni polari di un magnete e, attraverso contatti mobili con il centro e la circonferenza del disco, rilevò con un galvanometro la corrente elettrica che si produceva.
Ricostruzione dell’esperienza originaria
L’esperimento è stato ricostruito modificando opportunamente una “ruota di Barlow” in dotazione al laboratorio. Barlow, contemporaneo di Faraday, aveva studiato la deviazione prodotta dall’azione delle masse di ferro delle navi sull’ago della bussola e in seguito aveva ripetuto gli esperimenti di Arago e Faraday. Aveva notato che un filo, alimentato da una pila per mezzo di un contatto fisso e di uno mobile (estremo immerso in un pozzetto di mercurio), oscillava se veniva sospeso tra i poli di una calamita. Per trasformare il movimento oscillatorio in movimento circolare, egli pose al posto del filo una ruota (un polo della pila collegato all’asse della ruota e l’altro nel pozzetto di mercurio dove la ruota si immergeva con la circonferenza più esterna) e osservò che questa ruotava in senso orario o antiorario secondo il verso della corrente che la attraversava (si veda la figura 10)
L’esperimento è stato ricostruito modificando opportunamente una “ruota di Barlow” in dotazione al laboratorio. Barlow, contemporaneo di Faraday, aveva studiato la deviazione prodotta dall’azione delle masse di ferro delle navi sull’ago della bussola e in seguito aveva ripetuto gli esperimenti di Arago e Faraday. Aveva notato che un filo, alimentato da una pila per mezzo di un contatto fisso e di uno mobile (estremo immerso in un pozzetto di mercurio), oscillava se veniva sospeso tra i poli di una calamita. Per trasformare il movimento oscillatorio in movimento circolare, egli pose al posto del filo una ruota (un polo della pila collegato all’asse della ruota e l’altro nel pozzetto di mercurio dove la ruota si immergeva con la circonferenza più esterna) e osservò che questa ruotava in senso orario o antiorario secondo il verso della corrente che la attraversava (si veda la figura 10)
Possibile uso del materiale di laboratorio
Occorre una ruota di rame o di alluminio (metallo non ferromagnetico) girevole intorno al suo centro con una manovella e contatti elettrici nel centro della ruota e sulla sua circonferenza (al posto del mercurio, il cui uso in laboratorio non è più permesso, si può mettere una lamella di rame come contatto strisciante sul disco).
Materiale occorrente
• ruota di Barlow con espansioni polari di un magnete permanente che generino un campo magnetico sufficientemente intenso
• manovella da applicare all’asse della ruota di Barlow
• contatti elettrici nel centro della ruota e sulla circonferenza
• galvanometro a zero centrale (anche digitale)
• fili per collegamento elettrico
Occorre una ruota di rame o di alluminio (metallo non ferromagnetico) girevole intorno al suo centro con una manovella e contatti elettrici nel centro della ruota e sulla sua circonferenza (al posto del mercurio, il cui uso in laboratorio non è più permesso, si può mettere una lamella di rame come contatto strisciante sul disco).
Materiale occorrente
• ruota di Barlow con espansioni polari di un magnete permanente che generino un campo magnetico sufficientemente intenso
• manovella da applicare all’asse della ruota di Barlow
• contatti elettrici nel centro della ruota e sulla circonferenza
• galvanometro a zero centrale (anche digitale)
• fili per collegamento elettrico
Esecuzione
- si stabiliscono i contatti elettrici del centro del disco e della sua circonferenza con il galvanometro attraverso i morsetti predisposti e i fili di collegamento
- si mette in rotazione il dischetto di rame con l’apposita manovella
- finché il disco ruota l’ago del galvanometro viene deflesso e resta deflesso in un certo verso (a differenza degli esperimenti precedenti nei quali oscillava)
- se si ferma la rotazione la corrente elettrica che attraversa il disco di rame e il galvanometro si annulla
- se si mette in rotazione il disco in senso inverso si ottiene una deviazione dell’ago del galvanometro in verso opposto
- come nelle altre esperienze, se si fa girare il disco più velocemente l’intensità della corrente che si genera è maggiore.
- si stabiliscono i contatti elettrici del centro del disco e della sua circonferenza con il galvanometro attraverso i morsetti predisposti e i fili di collegamento
- si mette in rotazione il dischetto di rame con l’apposita manovella
- finché il disco ruota l’ago del galvanometro viene deflesso e resta deflesso in un certo verso (a differenza degli esperimenti precedenti nei quali oscillava)
- se si ferma la rotazione la corrente elettrica che attraversa il disco di rame e il galvanometro si annulla
- se si mette in rotazione il disco in senso inverso si ottiene una deviazione dell’ago del galvanometro in verso opposto
- come nelle altre esperienze, se si fa girare il disco più velocemente l’intensità della corrente che si genera è maggiore.
Conclusioni
Con questo apparato Faraday dimostrò che l’effetto ottenuto da Arago aveva la stessa causa dell’effetto da lui ottenuto facendo muovere la sbarretta magnetica nel filo avvolto a spirale: il moto relativo tra magnete e conduttore produceva elettricità in movimento.
Faraday rifece l’esperimento in presenza di un solo polo: l’effetto fu lo stesso anche se la corrente elettrica era più debole. Infine, per assicurarsi che l’effetto fosse dovuto proprio al magnete e non ad altre cause, fece ruotare il disco avendo asportato il magnete: l’effetto fu nullo.
Da notare che l’effetto permane anche senza magnete, sfruttando il magnetismo terrestre, e Faraday proseguendo i suoi esperimenti lo scoprì…oggi si sfrutta questo fenomeno con “i satelliti al guinzaglio”.
Con questo apparato Faraday dimostrò che l’effetto ottenuto da Arago aveva la stessa causa dell’effetto da lui ottenuto facendo muovere la sbarretta magnetica nel filo avvolto a spirale: il moto relativo tra magnete e conduttore produceva elettricità in movimento.
Faraday rifece l’esperimento in presenza di un solo polo: l’effetto fu lo stesso anche se la corrente elettrica era più debole. Infine, per assicurarsi che l’effetto fosse dovuto proprio al magnete e non ad altre cause, fece ruotare il disco avendo asportato il magnete: l’effetto fu nullo.
Da notare che l’effetto permane anche senza magnete, sfruttando il magnetismo terrestre, e Faraday proseguendo i suoi esperimenti lo scoprì…oggi si sfrutta questo fenomeno con “i satelliti al guinzaglio”.
INTERPRETAZIONE DEFINITIVA DELL’ESPERIENZA DI ARAGO
Come il magnete in moto nel solenoide, anche il disco in moto tra le espansioni di un magnete dà origine a una corrente: questo conduce a riflettere sulla causa “microscopica” di queste correnti, chiamate “indotte”. Procediamo nella riflessione con una sequenza di domande e risposte (le risposte devono essere tentate dagli studenti prima della spiegazione dell’insegnante):
Domanda 1
Considerando un circuito elettrico alimentato da una pila, che cosa è essenziale perché in esso passi corrente?
Risposta: La corrente è un moto di cariche, quindi occorre che ci siano cariche mobili (corpo conduttore) e che ci sia una forza che le mette e che le mantiene in moto, superando gli attriti interni: tale forza è dovuto alla presenza del campo elettrico (o, in altri termini, alla differenza di potenziale) generato dalla pila.
Domanda 2
Per ottenere una corrente indotta che cosa è quindi necessario?
Risposta: Un corpo conduttore ed una forza che muova le cariche: qui non è più la forza del campo elettrico ma quella del campo magnetico, che però agisce solo su cariche in moto rispetto al magnete, cioè la forza di Lorentz. Allora si ha corrente solo se le cariche del conduttore sono in moto rispetto al magnete e questo spiega la necessità del “moto relativo”.
Domanda 1
Considerando un circuito elettrico alimentato da una pila, che cosa è essenziale perché in esso passi corrente?
Risposta: La corrente è un moto di cariche, quindi occorre che ci siano cariche mobili (corpo conduttore) e che ci sia una forza che le mette e che le mantiene in moto, superando gli attriti interni: tale forza è dovuto alla presenza del campo elettrico (o, in altri termini, alla differenza di potenziale) generato dalla pila.
Domanda 2
Per ottenere una corrente indotta che cosa è quindi necessario?
Risposta: Un corpo conduttore ed una forza che muova le cariche: qui non è più la forza del campo elettrico ma quella del campo magnetico, che però agisce solo su cariche in moto rispetto al magnete, cioè la forza di Lorentz. Allora si ha corrente solo se le cariche del conduttore sono in moto rispetto al magnete e questo spiega la necessità del “moto relativo”.
Giungiamo, allora, alla spiegazione dell’esperimento di Arago seguendo l’interpretazione data da Faraday nel 1831.
Dagli esperimenti di Faraday si nota che il moto di un magnete in un solenoide conduttore provoca corrente, e che un disco conduttore in rotazione tra le espansioni di un magnete viene percorso da corrente. Allora nell’esperimento di Arago il moto relativo magnete – piatto conduttore provoca corrente nel conduttore stesso (e sarà corrente di intensità non trascurabile essendo la resistenza molto piccola).
Dall’esperimento di Oersted sappiamo che, a sua volta, la corrente elettrica agisce su un magnete. Allora nell’esperimento di Arago le correnti indotte instaurate nel disco di rame in rotazione agiscono sul magnete sospeso, trascinandolo nel moto rotatorio (non entriamo nel merito della descrizione dell’andamento delle correnti che si generano nel disco di rame e del conseguente trascinamento del magnete poiché è tutt’altro che semplice).
Dagli esperimenti di Faraday si nota che il moto di un magnete in un solenoide conduttore provoca corrente, e che un disco conduttore in rotazione tra le espansioni di un magnete viene percorso da corrente. Allora nell’esperimento di Arago il moto relativo magnete – piatto conduttore provoca corrente nel conduttore stesso (e sarà corrente di intensità non trascurabile essendo la resistenza molto piccola).
Dall’esperimento di Oersted sappiamo che, a sua volta, la corrente elettrica agisce su un magnete. Allora nell’esperimento di Arago le correnti indotte instaurate nel disco di rame in rotazione agiscono sul magnete sospeso, trascinandolo nel moto rotatorio (non entriamo nel merito della descrizione dell’andamento delle correnti che si generano nel disco di rame e del conseguente trascinamento del magnete poiché è tutt’altro che semplice).
Conclusioni
Per comprendere il fenomeno dell’induzione elettromagnetica abbiamo ripercorso l’iter logico di Faraday che così possiamo riassumere:
• Interpretazione delle interazioni tra magneti e correnti con le linee di forza: “per curve magnetiche intendo le linee di forza magnetiche, comunque modificate dalla giustapposizione di poli, che sono evidenziate dalla limatura di ferro, o quelle alle quali sarebbe tangente un ago magnetico molto piccolo”.
• Prima ipotesi interpretativa del fenomeno delle correnti indotte: l’idea di “stato elettrotonico” per spiegare l’esperimento dell’anello. L’instaurarsi di questo stato nel circuito primario (cioè da corrente nulla a corrente di regime) fa deflettere l’ago del galvanometro del circuito secondario. Quando la corrente cessa nel primario lo stato elettrotonico “collassa” e questo causa la deflessione dell’ago del galvanometro del secondario in verso opposto.
La corrente ottenuta nell’esperienza dell’anello sarebbe quindi un rapido emergere e collassare dello stato elettrotonico, “un’onda di sforzo” trasmessa da particella a particella.
• L’esperimento del “circuito magnetico” e le linee di forza: quando le linee di forza che passano attraverso il conduttore vengono “tagliate”, nel conduttore si ha una corrente indotta. Più in generale, quando un conduttore passa attraverso, cioè taglia, queste linee di forza, in esso si genera una corrente con direzione e intensità che sono determinate dalla direzione e dalla velocità di moto del conduttore rispetto alle linee di forza stesse.
• Interpretazione del fenomeno dell’induzione mediante il “taglio” delle linee di forza: Faraday abbandona l’ipotesi dello stato elettrotonico, non direttamente individuabile, spiegando l’induzione mediante il taglio di linee di forza che sono nettamente individuabili mediante la limatura di ferro.
Il concetto di linea di forza viene così esteso ai fenomeni elettromagnetici e assume progressivamente il carattere di rappresentazione di una modificazione reale dello spazio, un passo in più verso il moderno concetto di campo.
• Interpretazione delle interazioni tra magneti e correnti con le linee di forza: “per curve magnetiche intendo le linee di forza magnetiche, comunque modificate dalla giustapposizione di poli, che sono evidenziate dalla limatura di ferro, o quelle alle quali sarebbe tangente un ago magnetico molto piccolo”.
• Prima ipotesi interpretativa del fenomeno delle correnti indotte: l’idea di “stato elettrotonico” per spiegare l’esperimento dell’anello. L’instaurarsi di questo stato nel circuito primario (cioè da corrente nulla a corrente di regime) fa deflettere l’ago del galvanometro del circuito secondario. Quando la corrente cessa nel primario lo stato elettrotonico “collassa” e questo causa la deflessione dell’ago del galvanometro del secondario in verso opposto.
La corrente ottenuta nell’esperienza dell’anello sarebbe quindi un rapido emergere e collassare dello stato elettrotonico, “un’onda di sforzo” trasmessa da particella a particella.
• L’esperimento del “circuito magnetico” e le linee di forza: quando le linee di forza che passano attraverso il conduttore vengono “tagliate”, nel conduttore si ha una corrente indotta. Più in generale, quando un conduttore passa attraverso, cioè taglia, queste linee di forza, in esso si genera una corrente con direzione e intensità che sono determinate dalla direzione e dalla velocità di moto del conduttore rispetto alle linee di forza stesse.
• Interpretazione del fenomeno dell’induzione mediante il “taglio” delle linee di forza: Faraday abbandona l’ipotesi dello stato elettrotonico, non direttamente individuabile, spiegando l’induzione mediante il taglio di linee di forza che sono nettamente individuabili mediante la limatura di ferro.
Il concetto di linea di forza viene così esteso ai fenomeni elettromagnetici e assume progressivamente il carattere di rappresentazione di una modificazione reale dello spazio, un passo in più verso il moderno concetto di campo.
Note e storia
Breve storia dell'opera
Questa presentazione nasce da un lavoro svolto da un'insegnante di fisica (Prof. Sestini) con gli alunni di una classe seconda dell' I.T.I.S. BADONI di Lecco, nell'attività di Area di Progetto, durante l'anno scolastico 1998-99. Tale percorso ha preso spunto da un iter storico proposto da P Marazzini (insegnante di fisica I.T.I.S. Molinari di Milano) e P. Tucci (docente universitario di storia della fisica Dip.Fisica Università di Milano) nel testo "La formazione del concetto di induzione elettromagnetica. Un itinerario didattico" edito da Franco Angeli (1983).
Gli alunni, con la guida, degli insegnanti di fisica e di reparti di lavorazione, hanno ricostruito gli esperimenti storici eseguiti da Arago e da Faraday (tali esperimenti sono tuttora in uso nel laboratorio di fisica dell' I.T.I.S. Badoni), ed hanno ripercorso le tappe del cammino di ricerca-scoperta eseguito da Faraday.
L'attività di Area di Progetto ha occupato un totale di 16 ore di lezione (non solo di fisica) ed altre 9 ore riguardano lo sviluppo degli argomenti di programma preparatori a tale approfondimento.
Negli anni seguenti l'insegnante ha riproposto agli alunni questo percorso verificandone l'efficacia didattica, lo ha ampliato inserendo la parte introduttiva che riguarda esperienze di Oersted, Ampère ed ulteriori esperienze di Faraday, fino ad ottenere un percorso storico - sperimentale dell'elettromagnetismo che si sviluppa dalle prime esperienze di magnetismo fino alla legge dell'induzione elettromagnetica.
La trattazione di tipo intuitivo si presta all'introduzione dei concetti portanti dell'elettromagnetismo limitando l'uso del formalismo matematico che può essere introdotto con maggiore profitto al termine del percorso.
Il percorso proposto è riportato nella sua versione integrale nel libro di testo "Laboratorio di fisica" di Sestini e Sandrinelli , Casa Editrice Principato che ha gentilmente concesso la riproduzione delle immagini.
Sviluppi del percorso storico sull’elettromagnetismo
• “Dopo Faraday, la ruota di Barlow ed il disco rotante di Arago, considerati fino al 1831, fenomeni curiosi, distinti e di difficile interpretazione, risultano due modi di essere di uno stesso fenomeno: l’induzione elettromagnetica. Anzi, a ben vedere, non solo due modi di essere di uno stesso fenomeno, ma un solo modo di essere che si estrinseca attraverso apparati sperimentali differenti solo nei dettagli”( Marazzini, Tucci. La formazione del concetto di induzione elettromagnetica, un itinerario didattico. Franco Angeli Editore pag.79).
Questa frase fa trasparire come l’intuizione di Faraday del fenomeno dell’induzione elettromagnetica sia stata, già dal 1831, comprensiva di tutte le modalità nelle quali tale fenomeno può esplicitarsi sperimentalmente.
• A questo punto arrivare alle formule è decisamente più significativo:
- Interpretazione con la forza di Lorentz: si può procedere alla deduzione della legge di Faraday –Neumann interpretando la differenza di potenziale indotta come l’azione del campo magnetico sulle cariche di un conduttore in moto rispetto ad esso: tale azione è la forza di Lorentz (1853 – 1928). Così si esplicita che la causa delle correnti indotte è proprio il moto relativo fra campo magnetico e carica.
- Interpretazione con variazione del flusso del campo magnetico: occorre notare che il flusso del campo magnetico si visualizza con le linee di forza e quindi la variazione di flusso concatenato ad un conduttore della legge di Faraday – Neumann corrisponde alla variazione di linee di forza attraverso il conduttore cioè al “taglio delle linee di forza”.
- Interpretazione energetica: le considerazioni energetiche sono alla base del completamento della legge di Faraday – Neumann con la legge di Lenz. Si può notare che anche la legge di Lenz era già stata intuita da Faraday quando, nell’esperienza dell’anello, parla dello stato elettrotonico che si oppone alla formazione di una corrente elettrica (vedi conclusioni e sviluppi dell’esperienza dell’anello).
• Infine Maxwell, scozzese e nato nel 1831 (anno degli esperimenti di Faraday descritti) ebbe l’occasione di frequentare Faraday e si trovò in profonda sintonia con le sue convinzioni. Maxwell espresse matematicamente le concezioni geometrico-descrittive delle linee di forza introdotte da Faraday e proseguì il cammino da lui iniziato sulla teoria dei campi fino a riassumere l’elettromagnetismo in sole quattro equazioni e da queste dedurre la teoria delle onde elettromagnetiche. “È di Albert Einstein la singolare ma efficace equazione tra due grandi coppie di scienziati: Galileo e Newton, Faraday e Maxwell” ( Dizionario biografico degli scienziati e dei tecnici, Zanichelli).
Questa frase fa trasparire come l’intuizione di Faraday del fenomeno dell’induzione elettromagnetica sia stata, già dal 1831, comprensiva di tutte le modalità nelle quali tale fenomeno può esplicitarsi sperimentalmente.
• A questo punto arrivare alle formule è decisamente più significativo:
- Interpretazione con la forza di Lorentz: si può procedere alla deduzione della legge di Faraday –Neumann interpretando la differenza di potenziale indotta come l’azione del campo magnetico sulle cariche di un conduttore in moto rispetto ad esso: tale azione è la forza di Lorentz (1853 – 1928). Così si esplicita che la causa delle correnti indotte è proprio il moto relativo fra campo magnetico e carica.
- Interpretazione con variazione del flusso del campo magnetico: occorre notare che il flusso del campo magnetico si visualizza con le linee di forza e quindi la variazione di flusso concatenato ad un conduttore della legge di Faraday – Neumann corrisponde alla variazione di linee di forza attraverso il conduttore cioè al “taglio delle linee di forza”.
- Interpretazione energetica: le considerazioni energetiche sono alla base del completamento della legge di Faraday – Neumann con la legge di Lenz. Si può notare che anche la legge di Lenz era già stata intuita da Faraday quando, nell’esperienza dell’anello, parla dello stato elettrotonico che si oppone alla formazione di una corrente elettrica (vedi conclusioni e sviluppi dell’esperienza dell’anello).
• Infine Maxwell, scozzese e nato nel 1831 (anno degli esperimenti di Faraday descritti) ebbe l’occasione di frequentare Faraday e si trovò in profonda sintonia con le sue convinzioni. Maxwell espresse matematicamente le concezioni geometrico-descrittive delle linee di forza introdotte da Faraday e proseguì il cammino da lui iniziato sulla teoria dei campi fino a riassumere l’elettromagnetismo in sole quattro equazioni e da queste dedurre la teoria delle onde elettromagnetiche. “È di Albert Einstein la singolare ma efficace equazione tra due grandi coppie di scienziati: Galileo e Newton, Faraday e Maxwell” ( Dizionario biografico degli scienziati e dei tecnici, Zanichelli).
Bibliografia
- P. Marazzini, P. Tucci “La formazione del concetto di induzione elettromagnetica. Un itinerario didattico” Franco Angeli- Milano;
- Sestini, Sandrinelli "Laboratorio di fisica", Casa Editrice Principato;
- Bergamaschini, Marazzini, Mazzoni “L’INDAGINE DEL MONDO FISICO – Elettromagnetismo – volume E ” Carlo Signorelli Editore.
Autori
Sestini Novella